Si può andare in pensione 2 anni prima consolidando tutti i benefici possibili: dal sussidio garantito fino alla presa delle positività del caso.
L’accompagnamento alla pensione è un tema discusso, non per questo non si possono raggiungere delle condizioni consone ed equilibrate. I maggiori benefici riguardano delle categorie specifiche di lavoratori, e con essi anche la possibilità di lasciare il lavoro in anticipo, si tratta di ben 2 anni. Prima di dire addio alle fatiche occupazionali però, bisogna esser certi di averne i requisiti.
Requisiti non così impossibili da raggiungere, ma che una volta consolidati, rendono la realtà veritiera al 100%. Forse non è chiaro, ma si tratta della possibilità di non lavorare ma di percepire comunque 2 anni di stipendio, contributi, e alla fine della fiera, persino una pensione più alta! Nessuna fake news, ma è la normativa che permette ai dipendenti del settore sia pubblico che privato di consolidare questo obiettivo.
Si rischia di perdere contribuzione figurativa lasciano 2 anni prima il posto di lavoro? Assolutamente, no. Le garanzie finora esplicate sono garantite. C’è un solo modo per richiedere tutto questo, e soprattutto c’è una legge specifica alla quale fare riferimento.
È possibile allo stesso tempo godere di un’indennità che equivale allo stipendio dell’ultimo mese di lavoro, prima che entri in gioco l’istituto. Trattando un caso concreto, la manovra risulta più chiara da comprendere.
Non solo in pensione 2 anni prima, ma con tanti vantaggi!
Trattando il caso di un dipendente del settore privato di 65 anni e 18 anni di contributi: può andare lo stesso in pensione? Senza l’istituto in gioco, non potrebbe. Sia perché l’età pensionabile è di 67 anni per gli uomini, ma anche perché non avrebbe raggiunto il requisito contributivo necessario. Ed è qui che la situazione è totalmente stravolta, può farlo eccome, ma in solo modo.
Qualcuno ha mai sentito parlare di Congedo Straordinario e Legge n. 104 del 1992? È l’istituto che entra in gioco nel momento in cui si ha un parente sottoposto al regime di disabilità. Si tratta di un periodo di assenza dal lavoro dovuto proprio alla cura del parente. Ad esempio un fratello, ricoprendo il ruolo di cura di Caregiver. Requisito principale è però rientrare sotto la Legge n. 104, altrimenti si è esclusi.
Quindi, che si tratti di settore pubblico o privato, poco importa, il lavoratore in questione può assentarsi dal lavoro perché impossibilitato. Deve prendersi cura del parente che da solo non potrebbe farcela. L’indennità sopracitata la paga l’INPS, la quale versa al tempo stesso i contributi che servono, quelli figurativi. Ma le condizioni da soddisfare non finiscono qui.
I due soggetti in causa, Caregiver e assistito devono convivere, anche dal giorno prima della richiesta del congedo, l’importante è che vivano insieme. Il tutto con la conferma da parte della commissione medica dell’ASL di riferimento che ribadisce che la persona assistita abbia un handicap con connotazione di gravità.
Di solito il congedo si associa ai permessi retribuiti di 3 giorni al mese. Ma è proprio l’istituto straordinario a dare maggiori garanzie alle parti in gioco. Ad uno dà l’assistenza di cui necessita, all’altro la copertura figurativa e lo stipendio garantito con tanto di requisiti alla pensione.
Coniuge, figli, genitori o fratelli, sono gli assistiti. Vige una sorta di graduatoria, per cui è importante il legame con il soggetto da curare, e si può andare fino al terzo grado. Il meccanismo prevede che se i parenti che precedono il caregiver siano assenti, invalidi o deceduti, subentra chi può in “linea di successione”.
Importante è infine sapere che i periodi di congedo straordinario non figurano nel conteggio per la maturazione di ferie, TFR e ferie. Questo può essere goduto di continuo o in maniera frammentata se il caso lo concerne. Ci sono situazioni in cui sono più parenti di uno stesso disabile a farne uso.